Quinta Domenica di Pasqua
Chissà se alla fine della nostra vita anche noi, come l’antico cristiano sepolto nel Sarcofago di Castelnau-de-Guers, potremo dire di aver portato molto frutto. Ma attenzione: che cosa intende il vangelo per «molto frutto»? Perché potremmo anche ingannarci circa il «molto frutto» da portare.
È un frutto abbondante quello di una madre che cucina contenta per i suoi figli?
È un frutto abbondante quello di un padre che lavora dieci ore al giorno per la sua famiglia?
È un frutto abbondante quello di una ragazza che si è ritirata in un monastero di clausura per vivere in comunione con Dio e le sorelle?
È un frutto abbondante quello di un uomo che aiuta gratuitamente gli altri facendo un trasloco o sistemando qualche tubo in bagno?
È un frutto abbondante quello di chi non risponde al male ricevuto ma anzi riesce a conservare la pace nel proprio cuore?
È un frutto abbondante quello di una nonna che porta tutte le mattine sua nipote a scuola?
È un frutto abbondante quello di un marito che si prende cura di sua moglie che ha perso diverse facoltà intellettive?
È un frutto abbondante quello di due sposi che si prendono cura l’un dell’altro dopo che una brutta caduta li ha costretti a rimanere in casa?
È un frutto abbondante quello di chi si prende cura di Cherno seduto sotto la pensilina del Cinema Astra?
(Enzo)
Tralci di vite, Sarcofago di Castelnau-de-Guers, Lato anteriore, proveniente da Hérault, attualmente conservato al Musée du Louvre, Paris