Quarta Domenica di Pasqua
Forte dell’amore del Padre, il Signore Gesù, Buon Pastore, può dare la sua vita in favore delle sue pecore. Se il mercenario all’avvicinarsi della minaccia per il gregge non espone se stesso al rischio della vita, ma fugge e abbandona le pecore (cfr. Gv 10,12- 13), Gesù, all’approssimarsi della passione, promette ai suoi che non li abbandonerà (cfr. Gv 14,18). Se il mercenario non impedisce che le pecore siano rapite (cfr. Gv 10,12), Gesù assicura che nessuno potrà rapire i suoi dalla sua mano, perché è il Padre stesso che glieli ha dati, e lui e il Padre sono uno (cfr. Gv 10,28-29). Se anche il gruppo dei discepoli sarà disperso nell’ora della croce («Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse» Mt 26,31), il Risorto, come pastore in cerca delle sue pecore disperse, raggiungerà i discepoli e continuerà a guidarli camminando davanti a loro («Dopo che sarò risuscitato, vi precederò in Galilea» Mt 26,32).
«Reggendo e pascendo il popolo di Dio, i presbiteri sono spinti dalla carità del Buon Pastore a dare la loro vita per il gregge pronti anche al supremo sacrificio, seguendo l’esempio di quei sacerdoti che anche ai nostri tempi non hanno esitato a dare la vita» (Paolo VI, Presbyterorum Ordinis, 13).
Per essere pastori non servono né borsa né bisaccia né sandali. Per essere pastori non occorrono qualità particolari o pensieri raffinati o progetti affascinanti. Per essere pastori bisogna essere agnelli.
(Enzo)